IL CAVOLO CAPPUCCIO DI COLLINA – PRESIDIO SLOWFOOD FRIULI VENEZIA GIULIA

Continuando il nostro percorso alla conoscenza dei nuovi Presìdi Slow Food 2020 della regione Friuli Venezia Giulia (Brovadâr di Moggio Udinese, Cavolo Cappuccio di Collina, Fava di Sauris, Pere Klotzen dell’Alpe Adria), andiamo a conoscere il Cavolo Cappuccio di Collina

Cresce a circa 1100-1300 metri di quota ai piedi del monte Cogliàns, nel comune di Forni Avoltri.
Qui, nella frazione di Collina caratterizzata da temperature più basse rispetto alla media, elevata nebulosità e precipitazioni abbondanti, nasce un particolare tipo di cavolo cappuccio che ben si adatta alle forti escursioni termiche.

Da sempre la sua coltivazione avviene su terreni terrazzati esposti a sud insieme a orzo e segale ma col tempo e con il progressivo spopolamento delle aree montane era quasi scomparso dalla produzione locale.

Il cjapût, nome dialettale della varietà, ha sempre rappresentato una preziosa risorsa del territorio come testimoniano gli abitanti di questa valle. Qui i cavoli si vendevano bene nei mercati dei paesi circostanti e arrivavano acquirenti anche da zone lontane.

Caratteristiche morfologiche:
il Cavolo Cappuccio di Collina è brachicefalo, ovvero ha una testa non sferica ma un po’ schiacciata e appiattita. Il diametro è di circa 20,30 cm e il peso di 1,5-2 kg.
Le foglie sono sottili con venature rossastre evidenti, di colore bianco all’interno e verde chiaro all’esterno. In autunno quelle più esterne tendono a seccarsi, lasciando il cavolo ben pulito.

Coltivazione:
la semina avviene entro il mese di maggio, in semenzaio. I semi, tramandati da generazioni, sono prodotti da alcuni coltivatori custodi.
Dopo due mesi, le piantine sono pronte per esser trapiantate.
I cavoli maturano intorno alla fine di settembre e quando le teste sono ben formate e compatte si raccolgono a mano in modo scalare con un taglio al di sotto del pomo.

Caratteristiche organolettiche:
mangiati freschi, hanno un gusto leggermente piccante e una consistenza croccante, ma c’è anche un’antica tradizione che prevede di trasformare i cavoli nei cosiddetti craut grap.
Si mettono in concia le foglie sotto sale o sott’aceto. Poi si tolgono quelle esterne e il torsolo e si taglia la parte rimanente in strisce sottili che si pongono in un tino (brent) a strati alterni di cavolo e sale.
Il tutto si copre dapprima con le foglie esterne precedentemente eliminate, poi con un coperchio e dei pesi per mantenere il contenuto sotto pressione, e si lascia riposare in modo che possa partire la fermentazione.
Dopo 40, 45 giorni, i crauti sono pronti.

Stagionalità:
il Cavolo Cappuccio si raccoglie tra fine settembre e fine ottobre

È grazie alla famiglia di Ciro Toch che ha rinnovato la semente ogni due anni salvaguardando la specie e alla CoopMont una cooperativa nata ad opera di un gruppo di giovani ritornati nel 2018 a Collina con l’obiettivo di portare avanti la coltivazione di questa varietà di Cavolo Cappuccio che oggi possiamo godere di questo prodotto tipico e tradizionale della zona.
Il disciplinare prevede una rotazione di almeno 5 anni con un cereale vernino o con orticole (fave, patate novelle, cipolle, aglio, indivie) e l’esclusione del diserbo chimico.
L’inizio della raccolta coincide con la “Festa dei cavoli nostri” che si tiene i primi giorni di ottobre.

(fonte Fondazione Slow Food per la biodiversità Onlus)

Maria Teresa Gasparet, 18 Gennaio 2021

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