Barone Pizzini è una delle cantine dell’area del Franciacorta che più apprezzo.
Azienda che si accostò al biologico nel 1998 (prima cantina nel Franciacorta) e che nel 2018 uscì nel mercato ancora una volta per prima, con un Franciacorta prodotto con l’Erbamat, una varietà autoctona che per ragioni di scarsa produttività era stata abbandonata.
Un’uva di antica tradizione nel bresciano, difficile da allevare ma dai risultati sorprendenti nella versione spumante.
Nell’ opera “Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa” del 1564, Agostino Gallo citava le coltivazioni di Erbamat.
Nel corso dei secoli l’allevamento di questo vitigno certamente per questioni agronomiche, fu abbandonato.
Si tratta di un’uva difficile e delicata che necessita di terreni poveri, gli acini presentano una buccia sottile e l’abbondante produttività esige diradamenti importanti.
Quindi una pianta che richiede molta attenzione e lavoro extra ma il risultato è decisamente ricompensato da un frutto di eccellente acidità con residuo zuccherino ridotto, un profilo aromatico neutro e una maturazione che avviene 6-8 settimane dopo quella dello Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero.
Considerando gli effetti del cambiamento climatico, si tratta di un’uva decisamente interessante a cui il Consorzio di tutela dei vini Franciacorta ha prestato da subito grande attenzione avviando studi con il Centro vitivinicolo provinciale di Brescia.
Quest’ultino negli anni novanta intraprese uno studio delle varietà autoctone locali salvando dall’estinzione 18 cultivar attraverso una selezione di vecchie vigne a pergola. Oggi gli studi riguardanti la selezione clonale dell’Erbamat, stanno continuando con l’Università di Milano e vede coinvolte le aziende Barone Pizzini, Cà del Bosco, Castello Bonomi, Ferghettina, Guido Berlucchi, Ronco Calino.
Attualmente il disciplinare del Franciacorta prevede l’utilizzo di Erbamat per un massimo del 10% delle cuvée. Questo per non incidere troppo repentinamente sul profilo sensoriale dei Franciacorta.
Le tappe del progetto Barone Pizzini
“Nel 2008, i vertici di Barone Pizzini decidono di intraprendere una sperimentazione con l’agronomo Pierluigi Donna dello Studio Sata (che collabora con l’azienda dai tempi della conversione al biologico). L’obiettivo? Capire la fattibilità di una bollicina con l’Erbamat.
Da qui la scelta – coraggiosa – di declassare un ettaro dai registri della Docg per avviarne la coltivazione, fino alla prima vendemmia, targata 2012, e al degorgement, dopo 60 mesi sui lieviti. «Il primo spumante in cui abbiamo inserito una partita di Erbamat è stato il Tesi 1 (vendemmia 2012), seguito negli anni successivi dal Tesi 2 (2014) e Tesi 3 (2015). In tutti i casi parliamo di bollicine Metodo Classico VSQ. Nel Tesi 3, Chardonnay, Pinot nero e Erbamat occupano tutti in terzo del blend».
Ma la svolta arriva con l’annata 2018, quando una piccola percentuale di Erbamat, pari al 3%, viene inserita nell’Animante, Franciacorta Docg.” (cit. Civiltà del Bere 27/06/2021)
ANIMANTE Barone Pizzini
Questo vino punta di diamante di Barone Pizzini e che rappresenta l’anima dell’azienda, prevede l’utilizzo di un 5% di Erbamat insieme a Chardonnay 57%, Pinot nero 23% e Pinot bianco 19%.
Affina 20/30 mesi sui lieviti e regala una bollicina complessa, cremosa, elegante con un finale lungo sapido e floreale.
Maria Teresa Gasparet
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